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15 Maggio 2024In Friuli Venezia Giulia primavera fa rima con frasche e osmize. Queste parole, che fuori regione dicono poco o nulla, hanno per il territorio un significato inconfondibile: giornata in compagnia, davanti a uno (o più) bicchieri di vino, con cibo semplice, nella campagna. Una tradizione radicata che affonda le radici addirittura al Medioevo, quando sembra che un’ordinanza di Carlo Magno concesse a tutti i viticoltori dell’Impero il diritto di vendere direttamente il loro vino segnalando l’attività con l’esposizione di una frasca di edera.
Si tratta di due fenomeni analoghi, ma con differenze territoriali: mentre la frasca è tipica delle campagne friulane, l’osmiza (o osmizza, dallo sloveno osmica) è la realtà propria del Carso italo-sloveno. La sostanza, però, in fondo non cambia: si tratta sempre di luoghi rustici, in cui si consumano i vini del luogo e qualche cibo rustico (salumi, formaggi, verdure e pane), prodotti direttamente nelle cantine dei contadini che li producono.
Tradizionalmente, per ragioni legate alla normativa, osmize e frasche non possono stare aperte più di un un certo numero di giorni all’anno, nella pausa dalla produzione di vino e cibo; per questo la bella stagione spinge tutti gli appassionati a inaugurare subito la stagione, organizzando una giornata in frasca con gli amici.